venerdì 13 dicembre 2013

Corti Horror consigliati

Girando per il web spesso mi imbatto in corti horror di ogni tipo. Professionali, amatoriali, fatti tra amici o solo per gioco. Spesso trovo dei Video che mi colpiscono per un qualche motivo. Da oggi vorrei quindi iniziare a condividere ciò che mi piace.

Vorrei iniziare con un "cortissimo": dura solo due minuti e probabilmente è stato fatto solo come esercizio di stile o come prova degli effetti di "After Effect". Ma io l'ho trovato ben riuscito: musica (dal film 28 Weeks Later, che trovo una delle colonne sonore più azzeccate degli ultimi anni), suspense, effetti... Poi, visto che a me piace scrivere storie corte, adoro anche questi horror "super corti"!

Spegnete la luce e aumentate il volume:


mercoledì 30 ottobre 2013

Un breve racconto horror per Halloween

IL BIANCO E IL ROSSO

di Aaron Scott

 
 
Sparge un po' di polvere bianca sulla scrivania
"Un ultima sniffata prima di andarmene".
La sistema con il suo bancomat e con una banconota da dieci Euro arrotolata la introduce nel suo corpo. L'effetto è immediato.

Un Gin-Tonic al baretto sotto l'ufficio e poi in macchina verso casa.
La notte di Halloween.
"Che palle sta festa di Halloween..."
Vuole solo rinchiudersi in casa e strafarsi, lontano da tutto e da tutti.

Non vede il semaforo diventare rosso, ma sente il botto. Ferma di colpo l'auto. Dietro di lui il corpo di una bimba giace disteso sull'asfalto.
Si avvicina e osserva la piccola: indossa un vestitino (rosso), una calzamaglia (rossa) e delle corna (rosse) in testa. E' vestita da diavoletto. Dalla sua testa fuoriesce del liquido (rosso). Le sue scarpine (rosse) sono rimaste qualche metro più indietro. Tra le mani stringe un pupazzetto (rosso) dalla cui pancia la musichetta "Happy Halloween", sulle note di "London Bridge", continua imperterrita a suonare. Si guarda intorno. Nessuno lo vede. Corre alla macchina, mette in moto e fugge via.

E' passata la mezzanotte, quando suona il campanello. Trascina a fatica le sue gambe fino alla porta e la apre. Davanti a lui una bimba vestita da diavoletto lo guarda sorridendo.
 
 Corna (rosse).
 Vestitino (rosso).
 Calzamaglia (rossa).
 Scarpe...("non ha le scarpe!")
 
"Dolcetto o Scherzetto?" chiede la bambina.

Il ragazzo caccia un urlo e sobbalza all'indietro inciampando e cadendo.

"Ma sei tu? Allora non ti ho uccisa... stai bene?"

"Dolcetto o Scherzetto?",  continua a ripetere la piccola.
"Non ho caramelle, né dolcetti..."

"Allora SCHERZETTO!", urla la diavoletta senza scarpe.

Gira su se stessa accennando un passo di danza, si ferma e fissa il ragazzo negli occhi. Lui vede le sue iridi azzurre ("rosse?... mi sono sembrate rosse per un attimo..."), arretra di due passi, inciampa e cade di schiena sul pavimento. Quando si rialza la bimba è sparita. La strada davanti alla sua villetta è deserta.

Rientra in casa e sparge sul tavolo ciò che è rimasto della sua polverina bianca. Sniffa tutto in un colpo solo. Guarda la banconota arrotolata. E' coperta di liquido (rosso).
Perde i sensi.
 
Si risveglia nel bagno. La luce filtra debolmente dalla finestra indicandogli che la notte di Halloween ha lasciato posto al giorno dei Morti. Si dirige verso il lavandino e guarda nello specchio.
Rimane immobile.

Nello specchio intravede il muro alle sue spalle, ma non il suo corpo. Nel riflesso scorge un angolo della sala.

Due uomini in camice bianco stanno ponendo un corpo ("ma è il MIO corpo!") in un sacco nero. Al suo fianco una vocina raccapricciante sussurra:
"Scherzetto..."

martedì 26 febbraio 2013

Prossimo libro

Alcuni mi hanno scritto chiedendo informazioni sulla data di uscita del prossimo libro.
Purtroppo non sono riuscito a rispettare la data che avevo segnalato nella versione ebook di Racconti Oscuri... Comunque i "lavori procedono": al momento sono pronti alcuni racconti brevi sullo stile di quelli presenti nel primo libro, e sto cercando di concludere un racconto più corposo (ormai giunto a 80 pagine), che mi sta richiedendo più tempo del previsto.

Contando i vari impegni lavorativi (aihmè, la scrittura non è la mia attività principale...), credo che prima di Giugno/Luglio non riuscirò a concludere il lavoro.

Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che mi hanno contattatto dopo aver letto il mio libro: per me è una grande soddisfazione sentire i vosti commenti!

Vi lascio con un paragrafo (il terzo) del "racconto lungo" che sarà presente nel nuovo libro.

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3. VOCI NEL BUIO
 

Giada si risvegliò avvolta dall’oscurità. Era ancora intorpidita dalla scossa ricevuta e non  ricordava molto di ciò che era successo.

Nella sua mente aveva ancora l’immagine del clochard a cui aveva dato delle monete. Poi il buio l’aveva avvolta e non l’aveva ancora abbandonata. Poco alla volta i sensi iniziarono a trasmettere al cervello le sensazioni percepite dal suo corpo. Si trovava  sdraiata, in posizione fetale. Sentiva freddo e aveva i muscoli indolenziti.  Iniziò a tastare con le mani il suo corpo ghiacciato e si accorse di essere completamente nuda. A fatica si mise in piedi e  cercò di abituare gli occhi all’oscurità nella speranza di intravedere qualcosa, ma l’intensità del buio attorno a lei non diminuì,  anzi le sembrò aumentare sempre più.
Iniziò a muoversi lentamente, con le braccia protese in avanti alla ricerca di  un qualcosa che le potesse dare un indizio sul luogo in cui si era risvegliata. I suoi piedi nudi poggiavano su un pavimento ruvido e ghiacciato. Dopo pochi passi schiacciò qualcosa e nell’oscurità risuonò un rumore simile ad una nocciolina che si spacca. Sotto la pianta del suo piede sinistro percepì una forma rotonda rompersi, liberando del liquido caldo e appiccicoso. Capì di aver calpestato uno scarafaggio. Lanciò un urlo e fece un balzo in avanti. Sarebbe caduta se le sue mani non avessero incontrato delle sbarre a cui si aggrappò.  Iniziò a tastare nel buio ciò che aveva appena afferrato. Sbarre di metallo. Poteva essere un cancello. Le seguì orizzontalmente verso sinistra. Poco dopo sentì che formavano un angolo retto e proseguivano ancora a sinistra. Il battito del suo cuore iniziò a prendere velocità e il panico ad impadronirsi della sua mente. Un altro angolo retto. Un terzo più avanti e un quarto a chiudere il quadrato. Capì di essere rinchiusa in una gabbia.


«Aiuto! Aiutatemi! C’è nessuno?» urlò in preda al panico. Si fece scivolare verso il basso e si rannicchiò al suolo, abbracciando le sue gambe appoggiate al petto per cercare di scaldarsi un po’ e scoppiò a piangere.

«Chi sei?» Una voce alla sua sinistra interruppe i suoi singhiozzi.

«Mi chiamo Giada. Ti prego, aiutami. Ma dove siamo? E tu chi sei?»

«Io mi chiamo Alessia. Non ho idea di dove ci troviamo. Stavo camminando per strada. Ad un certo punto ho sentito qualcuno che si avvicinava dietro di me. Mi sono girata e ho fatto in tempo a vedere un barbone con in mano uno storditore elettrico: l’ho riconosciuto subito perché mia cugina ne tiene sempre uno nella borsetta da quando ha subito un’ aggressione di un maniaco, qualche mese fa. Non ho fatto in tempo a scansarlo: me l’ha appoggiato sul collo e ho perso i sensi. Sarà un ora che mi sono risvegliata in questa specie di gabbia.»

«Anche io sono stata avvicinata da un barbone. Mi ha chiesto della moneta, io gli ho dato qualche spicciolo, poi mi ha preso la mano e… mi sono risvegliata qui. E ora ricordo di aver sentito una forte scossa appena mi ha toccata.»

«Allora credo che sia lo stesso bastardo che ci ha portate qui» disse Alessia. «A me ha tolto anche i vestiti. Sono completamente nuda.»
«Anche io» rispose Giada. «E ho un freddo cane. Mio Dio, ma cosa vorrà farci?»

«Non lo so. Ma ho paura. Tanta. Non voglio morire… ho solo diciassette anni.» disse Alessia trattenendo a fatica le lacrime. Poi scoppiò a piangere ed inizio ad urlare. «Ehi! C’è qualcuno? Aiutateci! Vi prego! Aiutateci!»

Giada cercò di avvicinarsi al punto da cui proveniva la voce dell’altra ragazza.  «Calmati. Vieni vicino a me. Credo che siamo in due gabbie separate, ma una accanto all’altra. Segui la mia voce.» Appena la sentì al suo fianco infilò il braccio fra le sbarre e le prese la mano. Alessia la strinse forte fra le sue. «Anche io ho paura» le disse Giada.

 Rimasero immobili e in silenzio nel buio, cercando di trovare un minimo di conforto dal contatto delle loro mani.  Giada si mise in ascolto dell’oscurità che le accerchiava. Esclusi i loro respiri e i loro singhiozzi rimaneva solo un silenzio assordante. Il buio iniziava a penetrare nella sua mente e a creare dei contorni e delle forme inesistenti davanti ai suoi occhi. All’improvviso udì dei movimenti sopra di loro. Capì che anche Alessia aveva percepito qualcosa quando sentì la sua mano stringere violentemente la sua.
«Cosa è stato? Hai sentito anche tu?» chiese Giada.

«Si. Qualcosa si sta muovendo sopra di noi.» rispose Alessia. «Ascolta!» Questa volta Giada sentì chiaramente dei rumori. Dall’alto qualcosa si stava avvicinando. Qualcosa che sembrava strisciare verso di loro. Rimasero immobili, rannicchiate una vicino all’altra contro  le sbarre che le separavano. I loro corpi tremavano per il freddo e per il terrore che ormai si era impadronito delle loro menti. Di colpo il rumore cessò. Giada alzò la testa e nell’oscurità vide  degli occhi gialli brillare e guardare verso di loro. Trattenne un urlo e mise la testa fra le gambe, stringendosi ancora di più contro le sbarre e al corpo di Alessia, che iniziò ad urlare

«O mio Dio! Cosa sono? Li vedi anche tu? »

Giada percepì le presenze sopra di loro muoversi velocemente verso di loro. Questa volta ebbe la netta sensazione di sentirli strisciare. Poi si udirono dei tonfi e capì che si stavano lanciando dall’alto nella gabbia della ragazza al suo fianco.

«No! No! Sono delle bestie! Mi stanno strisciando sulle gambe! Aiutami! No! Lasciatemi! Via! Via!»  Giada sentì il corpo di Alessia che veniva  trascinato dalla parte opposta. Le strinse le mani cercando di tirarla a sé. Dei rumori simili ad animali che lacerano e strappano brandelli di carne dalle loro prede risuonarono nel buio. «Aiutami! Ti prego, non lasciarmi! Non mi sento più i piedi! Me li stanno sbranando! Falli smettere!» Giada percepì qualcosa serpeggiarle sul braccio e subito dopo morderle le mani. Il dolore le fece allentare la presa e le mani di Alessia le scivolarono via. La udì mentre veniva trascinata lontano dalle sbarre. Le urla della ragazzina si trasformarono in grida agghiaccianti. Strinse le mani sulle orecchie per cercare di non sentire quei versi e quelle strazianti richieste di aiuto, ma era impossibile rimanere nel silenzio. Si allontanò, rannicchiandosi al suolo dalla parte opposta della gabbia, ma non abbastanza da evitare di venire colpita da schizzi di sangue e da brandelli di carne.

“Mio Dio…O mio Dio, ma cosa sono?”  continuava a ripetere Giada sottovoce. Le grida di Alessia andarono avanti  per alcuni minuti che le sembrarono delle ore. Alla fine rimase solo il suono di animali che  lacerano, masticano e deglutiscono… lacerano, masticano e deglutiscono…

Quando ebbero finito li sentì allontanarsi, strisciando via così come erano arrivati. Voleva piangere, voleva urlare, ma non trovò le forze per muoversi. Rimase immobile nel buio, piangendo e chiedendosi chi o cosa fossero quegli esseri e se prima o poi avrebbero divorato viva anche lei.



... [Estratto dal prossimo libro di Aaron Scott]