mercoledì 30 giugno 2010

Palestra Letteraria: "Bianco e Rosso"

Ecco un altro breve racconto scritto per la "Palestra letteraria" del forum di "Writers Magazine". Il tema del mese era "Halloween", con lunghezza massima di 2000 caratteri. Ovviamente non ho potuto resistere e ho buttato già questo breve raccontino horror.

BIANCO E ROSSO

Versa un po’ di polvere bianca sulla scrivania (Un’ultima sniffata prima di tornamene a casa…). La sistema con il suo bancomat e con una banconota arrotolata la introduce nel suo corpo. L’effetto è immediato. Un Gin-Tonic al baretto e poi in macchina verso casa.

Non vede il semaforo diventare rosso, ma sente il botto. Ferma di colpo l'auto. Dietro di lui il corpo di una bimba è steso sull’asfalto. Si avvicina e osserva la piccola: indossa un vestitino (rosso), una calzamaglia (rossa) e delle corna (rosse) in testa. E’ vestita da diavoletto. Dalla sua testa esce del liquido (rosso). Le sue scarpine (rosse) sono rimaste più indietro. In mano ha un pupazzetto (rosso) dalla cui pancia la musichetta “Happy Halloween”, sulle note di “London Bridge”, continua imperterrita a suonare.

Si guarda intorno. Nessuno lo vede. Corre alla macchina, mette in moto e fugge via.

E’ passata la mezzanotte quando suona il campanello. Trascina le gambe fino alla porta e la apre. Davanti a lui una bimba vestita da diavoletto lo guarda sorridendo. Corna (rosse). Vestitino (rosso). Calzamaglia (rossa). Scarpe…(non ha le scarpe! )

“Dolcetto o Scherzetto?” chiede la bambina. Il ragazzo caccia un urlo e sobbalza all’indietro inciampando e cadendo.
“Ma sei tu? Allora non ti ho uccisa… stai bene?”
“Dolcetto o Scherzetto?”
“Non ho caramelle, né dolcetti…“
“Allora SCHERZETTO!”
urla la diavoletta. Gira su se stessa accennando un passo di danza, si ferma e fissa il ragazzo negli occhi. Lui vede le sue iridi azzurre (rosse?... mi sono sembrate rosse per un attimo… ) e quando si rialza la bimba è sparita. La strada davanti alla sua villetta è deserta.

Rientra in casa e sparge sul tavolo ciò che è rimasto della sua polverina bianca. Sniffa tutto in un colpo solo. Guarda la banconota arrotolata. E’ coperta di liquido (rosso). Perde i sensi.

Si risveglia nel bagno. La luce entra dalla finestra indicandogli che la notte ha lasciato posto al giorno. Si dirige verso il lavandino e guarda nello specchio. Rimane immobile. Nello specchio il suo corpo non si vede. Nel riflesso scorge un pezzo della sala. Due uomini in camice bianco stanno ponendo un corpo (ma è il MIO corpo!) in un sacco nero.

Al suo fianco una vocina da brividi dice sottovoce: “scherzetto…”

Si gira. La bimba col vestitino (rosso) e il viso (bianchissimo) lo fissa.
I suoi occhi sono rossi come il sangue che le cola dalla testa.

lunedì 28 giugno 2010

Palesta letteraria: "Il Diavolo nel bicchiere"

Pubblico qui un breve racconto pubblicato sul forum della writers-magazine, dove ogni mese viene proposto un "esercizio letterario" con determinate regole da seguire. Per il mese di Giugno la base era: 4000 battute - racconto storico basato su un avvenimento realmente accaduto descrivendo e rispettando l'ambientazione, i costumi, gli usi dell'epoca. in questo contesto innesterete la parte romanzata.

Ecco quello che ho proposto io:

Il diavolo nel bicchiere

Da un diario ritrovato in una cantina di Baltimora

12 Ottobre 1889
E’ giunta l’ora per me di liberarmi di un grosso peso che porto sulla coscienza da ormai troppi anni. Il demone che mi fu profetizzato 40 anni fa ha avuto il sopravvento e i giorni a disposizione della mia vita credo stiano per terminare. Giunsi a Baltimora nel mese di Febbraio del 1848. La grande carestia del ‘46 e la crisi nata dalla sovrapproduzione industriale che colpì tutta l’Europa spinse molte persone a cercare una via d’uscita nel continente Americano. Io avevo appena combattuto con altri giovani democratici una piccola rivolta in Sicilia, dove riuscimmo a costringere alla resa le truppe borboniche, ma dove perse la vita mio fratello, lasciando un vuoto incolmabile nella mia esistenza. Decisi così di imbarcarmi verso il nuovo continente per dare una svolta radicale alla mia vita . I primi mesi a Baltimora furono durissimi e le aspettative di trovare facilmente un lavoro remunerativo vennero presto disattese. Dovetti arrangiarmi e accettai qualsiasi tipo di lavoro mi fosse proposto, anche se a volte si trattava di attività non del tutto lecite.

Ciò che voglio raccontare per liberare la mia coscienza successe il 3 Ottobre del 1849. Era giorno di elezioni a Baltimora e in quel periodo la corruzione e la violenza giravano liberamente per le strade della città. Io avevo appena compiuto 30 anni ed assieme ad altre persone ero stato ingaggiato per raccogliere voti a favore di un candidato di origini Italiane. Dovevamo individuare dei possibili elettori nei pressi delle taverne adibite a seggi elettorali e avvicinarli offrendo loro da bere. Una volta storditi con dosi massicce di Whisky potevamo costringerli a votare più volte per il nostro candidato nei vari seggi della città: finito il giro dovevamo cambiare loro i vestiti e forzarli a rientrare per votare nuovamente. Se l’alcool non bastava a renderli innocui eravamo autorizzati anche a ricorrere a mezzi più violenti. Questa prassi era abbastanza diffusa e veniva chiamata “cooping”.

Quella sera avevamo bevuto molto anche noi e Dio solo sa quanto darei per poter tornare indietro e cancellare quel giorno dalla mia vita. Se non fossimo stati così ubriachi forse tutto ciò non sarebbe successo.

Ci trovavamo nella taverna “Gunner’s Hall” quando un uomo sulla quarantina d’anni, magro e con la faccia scavata, entrò ed ordinò un whisky. Era solo ed aveva l’aspetto di un uomo debole. Decidemmo che sarebbe stato lui il nostro primo elettore. La sua mente era già offuscata dall’alcool e non fu difficile convincerlo a ingollare con noi altri bicchieri di whisky. Parlava in modo confuso e i suoi occhi erano pieni di dolore. Lo convincemmo a votare e lo portammo poi con noi negli altri seggi, dove votò più volte per il nostro candidato. Quando tornammo alla “Gunner’s Hall” quel pover’ uomo non si reggeva quasi più in piedi. Gli togliemmo la giacca e i pantaloni e lo rivestimmo con altri abiti per riprendere il giro delle votazioni. Fu a quel punto che la situazione precipitò. Quell’uomo magro, che pareva assolutamente privo di forze ed energie, iniziò ad inveire e si scagliò con violenza contro di noi. Proferiva parole senza senso, parlando di sofferenze atroci che aveva dovuto subire e di demoni nella sua mente che non lo lasciavano in pace. Sembrava posseduto da forze oscure e quando mi colpì violentemente al viso iniziò la nostra reazione violenta. Iniziammo a prenderlo a calci e pugni, senza fermarci neanche quando crollò immobile a terra.
L’ultima cosa che disse fu una frase che si rivelò profetica:

“Il Demone dell’alcool è uno dei più feroci e crudeli. Io lo vedo. Si è già impossessato dei vostri corpi e sarà lui ad uccidervi”.

Lo abbandonammo in mezzo alla strada davanti al “Gunner’s Hall”.

Il giorno dopo seppi che quell’uomo si chiamava Edgar Allan Poe: morì all’ospedale in uno stato di delirio quattro giorni dopo quella terribile sera.

Il “Demone dell’alcool” mi ha posseduto per tutti gli anni a seguire ed ha lentamente e crudelmente indebolito la mia mente ed il mio corpo. Possa Dio avere pietà della mia anima per aver contribuito alla morte di uno dei più grandi scrittori del nostro secolo.

Nota storica: Il 3 ottobre 1849 Poe fu ritrovato delirante nelle strade di Baltimora, "in grande difficoltà, e... bisognoso di immediata assistenza", secondo l'uomo che lo trovò, Joseph W. Walker. Fu portato all'ospedale Washington College, dove morì domenica 7 ottobre 1849, alle cinque del mattino. Molte ipotesti sono state fatte sulla sua morte, ma l'effettiva causa rimane ad oggi un mistero.