Purtroppo non sono riuscito a rispettare la data che avevo segnalato nella versione ebook di Racconti Oscuri... Comunque i "lavori procedono": al momento sono pronti alcuni racconti brevi sullo stile di quelli presenti nel primo libro, e sto cercando di concludere un racconto più corposo (ormai giunto a 80 pagine), che mi sta richiedendo più tempo del previsto.
Contando i vari impegni lavorativi (aihmè, la scrittura non è la mia attività principale...), credo che prima di Giugno/Luglio non riuscirò a concludere il lavoro.
Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che mi hanno contattatto dopo aver letto il mio libro: per me è una grande soddisfazione sentire i vosti commenti!
Vi lascio con un paragrafo (il terzo) del "racconto lungo" che sarà presente nel nuovo libro.
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3. VOCI NEL BUIO
Giada si risvegliò avvolta
dall’oscurità. Era ancora intorpidita dalla scossa ricevuta e non ricordava molto di ciò che era successo.
Nella sua mente aveva ancora l’immagine del clochard a cui aveva dato delle monete. Poi il buio l’aveva avvolta e non l’aveva ancora abbandonata. Poco alla volta i sensi iniziarono a trasmettere al cervello le sensazioni percepite dal suo corpo. Si trovava sdraiata, in posizione fetale. Sentiva freddo e aveva i muscoli indolenziti. Iniziò a tastare con le mani il suo corpo ghiacciato e si accorse di essere completamente nuda. A fatica si mise in piedi e cercò di abituare gli occhi all’oscurità nella speranza di intravedere qualcosa, ma l’intensità del buio attorno a lei non diminuì, anzi le sembrò aumentare sempre più.
Iniziò a muoversi lentamente, con le braccia protese in avanti alla ricerca di un qualcosa che le potesse dare un indizio sul luogo in cui si era risvegliata. I suoi piedi nudi poggiavano su un pavimento ruvido e ghiacciato. Dopo pochi passi schiacciò qualcosa e nell’oscurità risuonò un rumore simile ad una nocciolina che si spacca. Sotto la pianta del suo piede sinistro percepì una forma rotonda rompersi, liberando del liquido caldo e appiccicoso. Capì di aver calpestato uno scarafaggio. Lanciò un urlo e fece un balzo in avanti. Sarebbe caduta se le sue mani non avessero incontrato delle sbarre a cui si aggrappò. Iniziò a tastare nel buio ciò che aveva appena afferrato. Sbarre di metallo. Poteva essere un cancello. Le seguì orizzontalmente verso sinistra. Poco dopo sentì che formavano un angolo retto e proseguivano ancora a sinistra. Il battito del suo cuore iniziò a prendere velocità e il panico ad impadronirsi della sua mente. Un altro angolo retto. Un terzo più avanti e un quarto a chiudere il quadrato. Capì di essere rinchiusa in una gabbia.
Nella sua mente aveva ancora l’immagine del clochard a cui aveva dato delle monete. Poi il buio l’aveva avvolta e non l’aveva ancora abbandonata. Poco alla volta i sensi iniziarono a trasmettere al cervello le sensazioni percepite dal suo corpo. Si trovava sdraiata, in posizione fetale. Sentiva freddo e aveva i muscoli indolenziti. Iniziò a tastare con le mani il suo corpo ghiacciato e si accorse di essere completamente nuda. A fatica si mise in piedi e cercò di abituare gli occhi all’oscurità nella speranza di intravedere qualcosa, ma l’intensità del buio attorno a lei non diminuì, anzi le sembrò aumentare sempre più.
Iniziò a muoversi lentamente, con le braccia protese in avanti alla ricerca di un qualcosa che le potesse dare un indizio sul luogo in cui si era risvegliata. I suoi piedi nudi poggiavano su un pavimento ruvido e ghiacciato. Dopo pochi passi schiacciò qualcosa e nell’oscurità risuonò un rumore simile ad una nocciolina che si spacca. Sotto la pianta del suo piede sinistro percepì una forma rotonda rompersi, liberando del liquido caldo e appiccicoso. Capì di aver calpestato uno scarafaggio. Lanciò un urlo e fece un balzo in avanti. Sarebbe caduta se le sue mani non avessero incontrato delle sbarre a cui si aggrappò. Iniziò a tastare nel buio ciò che aveva appena afferrato. Sbarre di metallo. Poteva essere un cancello. Le seguì orizzontalmente verso sinistra. Poco dopo sentì che formavano un angolo retto e proseguivano ancora a sinistra. Il battito del suo cuore iniziò a prendere velocità e il panico ad impadronirsi della sua mente. Un altro angolo retto. Un terzo più avanti e un quarto a chiudere il quadrato. Capì di essere rinchiusa in una gabbia.
«Aiuto! Aiutatemi! C’è nessuno?»
urlò in preda al panico. Si fece scivolare verso il basso e si rannicchiò al
suolo, abbracciando le sue gambe appoggiate al petto per cercare di scaldarsi
un po’ e scoppiò a piangere.
«Chi sei?» Una voce alla sua
sinistra interruppe i suoi singhiozzi.
«Mi chiamo Giada. Ti prego,
aiutami. Ma dove siamo? E tu chi sei?»
«Io mi chiamo Alessia. Non ho
idea di dove ci troviamo. Stavo camminando per strada. Ad un certo punto ho
sentito qualcuno che si avvicinava dietro di me. Mi sono girata e ho fatto in
tempo a vedere un barbone con in mano uno storditore elettrico: l’ho
riconosciuto subito perché mia cugina ne tiene sempre uno nella borsetta da
quando ha subito un’ aggressione di un maniaco, qualche mese fa. Non ho fatto
in tempo a scansarlo: me l’ha appoggiato sul collo e ho perso i sensi. Sarà un
ora che mi sono risvegliata in questa specie di gabbia.»
«Anche io sono stata avvicinata
da un barbone. Mi ha chiesto della moneta, io gli ho dato qualche spicciolo,
poi mi ha preso la mano e… mi sono risvegliata qui. E ora ricordo di aver
sentito una forte scossa appena mi ha toccata.»
«Allora credo che sia lo stesso
bastardo che ci ha portate qui» disse Alessia. «A me ha tolto anche i vestiti.
Sono completamente nuda.»
«Anche io» rispose Giada. «E ho
un freddo cane. Mio Dio, ma cosa vorrà farci?»
«Non lo so. Ma ho paura. Tanta.
Non voglio morire… ho solo diciassette anni.» disse Alessia trattenendo a
fatica le lacrime. Poi scoppiò a piangere ed inizio ad urlare. «Ehi! C’è
qualcuno? Aiutateci! Vi prego! Aiutateci!»
Giada cercò di avvicinarsi al
punto da cui proveniva la voce dell’altra ragazza. «Calmati. Vieni vicino a me. Credo che siamo
in due gabbie separate, ma una accanto all’altra. Segui la mia voce.» Appena la
sentì al suo fianco infilò il braccio fra le sbarre e le prese la mano. Alessia
la strinse forte fra le sue. «Anche io ho paura» le disse Giada.
Rimasero immobili e in silenzio nel buio,
cercando di trovare un minimo di conforto dal contatto delle loro mani. Giada si mise in ascolto dell’oscurità che le
accerchiava. Esclusi i loro respiri e i loro singhiozzi rimaneva solo un
silenzio assordante. Il buio iniziava a penetrare nella sua mente e a creare
dei contorni e delle forme inesistenti davanti ai suoi occhi. All’improvviso
udì dei movimenti sopra di loro. Capì che anche Alessia aveva percepito
qualcosa quando sentì la sua mano stringere violentemente la sua.
«Cosa è stato? Hai sentito anche
tu?» chiese Giada.
«Si. Qualcosa si sta muovendo sopra
di noi.» rispose Alessia. «Ascolta!» Questa volta Giada sentì chiaramente dei
rumori. Dall’alto qualcosa si stava avvicinando. Qualcosa che sembrava
strisciare verso di loro. Rimasero immobili, rannicchiate una vicino all’altra
contro le sbarre che le separavano. I
loro corpi tremavano per il freddo e per il terrore che ormai si era
impadronito delle loro menti. Di colpo il rumore cessò. Giada alzò la testa e
nell’oscurità vide degli occhi gialli
brillare e guardare verso di loro. Trattenne un urlo e mise la testa fra le
gambe, stringendosi ancora di più contro le sbarre e al corpo di Alessia, che
iniziò ad urlare
«O mio Dio! Cosa sono? Li vedi
anche tu? »
Giada percepì le presenze sopra
di loro muoversi velocemente verso di loro. Questa volta ebbe la netta sensazione
di sentirli strisciare. Poi si udirono dei tonfi e capì che si stavano
lanciando dall’alto nella gabbia della ragazza al suo fianco.
«No! No! Sono delle bestie! Mi
stanno strisciando sulle gambe! Aiutami! No! Lasciatemi! Via! Via!» Giada sentì il corpo di Alessia che veniva trascinato dalla parte opposta. Le strinse le
mani cercando di tirarla a sé. Dei rumori simili ad animali che lacerano e
strappano brandelli di carne dalle loro prede risuonarono nel buio. «Aiutami!
Ti prego, non lasciarmi! Non mi sento più i piedi! Me li stanno sbranando!
Falli smettere!» Giada percepì qualcosa serpeggiarle sul braccio e subito dopo
morderle le mani. Il dolore le fece allentare la presa e le mani di Alessia le
scivolarono via. La udì mentre veniva trascinata lontano dalle sbarre. Le urla
della ragazzina si trasformarono in grida agghiaccianti. Strinse le mani sulle
orecchie per cercare di non sentire quei versi e quelle strazianti richieste di
aiuto, ma era impossibile rimanere nel silenzio. Si allontanò, rannicchiandosi
al suolo dalla parte opposta della gabbia, ma non abbastanza da evitare di
venire colpita da schizzi di sangue e da brandelli di carne.
“Mio Dio…O mio Dio, ma cosa
sono?” continuava a ripetere Giada
sottovoce. Le grida di Alessia andarono avanti
per alcuni minuti che le sembrarono delle ore. Alla fine rimase solo il
suono di animali che lacerano, masticano
e deglutiscono… lacerano, masticano e deglutiscono…
Quando ebbero finito li sentì
allontanarsi, strisciando via così come erano arrivati. Voleva piangere, voleva
urlare, ma non trovò le forze per muoversi. Rimase immobile nel buio, piangendo
e chiedendosi chi o cosa fossero quegli esseri e se prima o poi avrebbero
divorato viva anche lei.
... [Estratto dal prossimo libro di Aaron Scott]
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